HUMUS 2024 | Il progetto

HUMUS è il progetto triennale di residenze artistiche immaginato da IAC Centro Arti Integrate con il sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Basilicata e del Comune di Matera.

L’humus è quella sostanza in grado di attivare grandi processi creativi, un sostrato di fattori ambientali, sociali, morali, culturali, politici, storici ed economici che favorisce il sorgere di dinamiche, manifestazioni ed espressioni artistiche.

HUMUS è terreno fertile
HUMUS è terreno generativo
HUMUS è terreno comune

HUMUS 2024 | I progetti in residenza

La futura classe dirigente

di Caterina Marino

La futura classe dirigente di Caterina Marino è il progetto scelto nell’ambito della tematica Politica e terreno comune.

La futura classe dirigente non sa che il mondo che dovrà governare è sull’orlo del collasso. Impara la grammatica, l’inglese, qualche data importante e nomi di città che tra qualche anno non esisteranno più. La futura classe dirigente con molta probabilità non conosce telefoni che abbiano fili o tasti, è salita su diversi aerei nei primi anni di vita e ancora non sa di essere cruciale per il sistema pensionistico. 

O, chissà, forse qualcosa ha intuito.

La futura classe dirigente è uno spettacolo che prende in prestito le parole di bambini e bambine che hanno adesso tra i 6 e i 13 anni, interpellati su problemi che potrebbero essere lì ad attenderli tra qualche anno se gli adulti di oggi non intervengono.

È un esercizio di immaginazione su un futuro che non si prospetta roseo e un interrogativo aperto sulle nostre azioni del presente. Non vuole essere accusatorio, ma anzi saltare oltre il senso di colpa, raggirare la retorica e guardare più a fondo, verso le possibilità ancora aperte di prenderci la responsabilità del pianeta e di quello che succede nel mondo. Nonostante le difficoltà di comprenderlo, o la paralizzante sensazione di non poter cambiare le cose. Spostando lo sguardo da quello che ci è stato lasciato a quello che potremmo fare invece noi.

La parola viene affidata ai bambini anche per riflettere la complessità dell’informarsi sul tema del cambiamento climatico e destreggiarsi tra la mole di input e opinioni in contrapposizione che quotidianamente riceviamo, oltre per rifuggire un qualsiasi scopo divulgativo o scientifico della drammaturgia. È uno spettacolo che vuole essere un atto di amore (un amore non rassicurante, ferino e complesso, ma comunque amore) verso esseri umani che non conosciamo, che magari devono ancora nascere, che potremmo anche non capire, o trovare simpatici. Che prima o poi decideranno anche per noi.
Esseri umani a cui tutto sommato nessuno ci chiede di fare attenzione, oltre l’ottica della performatività. Ha qualcosa a che fare con un famoso proverbio di un albero piantato, e un’ombra sotto la quale non avremo mai modo di sdraiarci. Anche perchè, dicono loro, gli alberi non esisteranno più.

La più grande tragedia dell'umanità

di Malmadur

La più grande tragedia dell’umanità, selezionato per la sezione Politica e terreno comune, è un ordigno performativo per permettere al pubblico di eleggere la più grande tragedia dell’umanità.

L’essenza dell’ordigno è questa: il pubblico deve scegliere fra due tragedie; quella che viene votata come più grande rimane in gioco, l’altra viene scartata. Quella rimasta si confronta con una nuova tragedia; la più grande rimane, l’altra viene scartata. E così via. Si parte dalla perdita di un cellulare, si arriva a un amore tradito a un parente malato a un’epidemia a un genocidio a un paragone tra una strage vicina e una lontana, tra una recente e una passata, a una tragedia di cui è vittima anche un turista italiano alla vecchiaia all’esplosione del sole alla morte di un uomo solo in un paese di provincia a un cataclisma all’estinzione degli elefanti all’assenza di empatia.

Il progetto ruota intorno a due temi: la spettacolarizzazione del dolore che viviamo quotidianamente su media e social network e la rappresentabilità del tragico: come cambia la mia percezione del dolore a seconda dei mezzi espressivi usati per rappresentarlo?

Me ne vado

di Anna Piscopo / BAM Teatro

Me ne vado, selezionato per la sezione Adolescenti e terreno generativo, è un dramma sul tema dell’attesa come dimensione ontologica, una commedia nera sull’immobilità fisica e spirituale di una generazione di giovani che non scelgono di diventare adulti per assenza di desideri e mancanza della promessa di un futuro.

Un bar sulla strada provinciale, l’ambiente mal illuminato. Carina e Dolores sono due adolescenti che avrebbero voluto andare via dal loro noioso paese e, invece, hanno trucidato tutti gli avventori del bar in cui erano solite perdere il giorno.
A massacro terminato, su di loro incombe il pericolo di una alluvione. 

Che fare? Lasciarsi morire e non prendersi la responsabilità del crimine commesso o mettersi in salvo e consegnarsi alla polizia?

Me ne vado è la rielaborazione pulp di Aspettando Godot di Samuel Barclay Beckett e Viridiana di L. Buñuel, ma anche la storia di una amicizia oramai al capolinea: Carina, lolita convinta di carbonizzare gli uomini con la sola malia dello sguardo, preferisce lasciarsi travolgere dalla catastrofe pur di non dover scontare la sua colpa, mentre Dolores, che si dispera in preda a una crisi mistica, non vede l’ora di tornare tra le protettive braccia del padre e confessargli tutto. A fare da sfondo c’è la provincia: forza antagonista sempre presente da cui non ci si libera mai. Me ne vado è un dramma sul tema dell’attesa come dimensione ontologica.

Lo spettacolo sperimenta la commistione di drammatico e post drammatico nella cornice di un’opera che si gioca tutta nella parola, nel dialogo grottesco e a tratti surreale di due personaggi espressionisti. La vocazione al teatro di parola, tuttavia, viene tradita quando le protagoniste si rivolgono al pubblico attraversando in maniera inedita il linguaggio della stand up o in momenti di teatro danza. Il linguaggio dei due personaggi, inoltre, è altamente contaminato dai social e dalle serie tv.

Per l’anno 2024 Humus ha promosso un bando per l’assegnazione di un premio di produzione rivolto a compagnie teatrali residenti sul territorio materano.

Il bando è rivolto a artiste, artisti, collettivi e compagnie, che usino linguaggi performativi (teatro, danza, video performance), di qualunque provenienza geografica, con qualsiasi condizione fisica (sarà garantita l’accessibilità dei luoghi di lavoro nei limiti delle nostre possibilità), che operino e risiedano sul territorio materano (la città di Matera e tutte quelle aree che con questa hanno relazioni, la sua provincia e le città limitrofe).

I progetti proposti potevano essere già avviati o in fase di avvio. Si prevedeva una restituzione nella rassegna “Il teatro che cresce” che verrà realizzata nell’autunno inverno 24/25, oltre ad un contributo di € 1.200,00 onnicomprensivo di oneri di legge, e la presentazione dello spettacolo.

Riteniamo che sia fondamentale in questo momento alimentare gruppi giovani, nuove energie, artiste ed artisti che abbiano voglia di scommettere su questo territorio, per contribuire a far radicare quella cultura teatrale di cui IAC si è fatta promotrice negli anni.

Cosimo Frascella

Sveglia 
è tratto da Wakey, wakey di Will Eno.

“È già ora? (Breve pausa) Pensavo di avere più tempo”.

Con questa frase inizia lo spettacolo. Con questa frase dal sapore beckettiano, tra scatoloni confezionati e altri ancora da riempire, si fa largo la voce di Guy, un uomo che di fatto sta per morire. Da dove iniziare, di preciso? Quali riflessioni porre a riguardo? Si può veramente parlare di morte, senza celebrare la bellezza della vita?

Tra le pieghe di questi e altri interrogativi che il personaggio si pone, innumerevoli non detti sussurrano frazioni di risposte possibili, ora tenere e fragili, ora malinconiche, ironiche, vitali. Wakey-Wakey di Will Eno, da cui è liberamente tratta la nostra pièce, tenta di creare, con grazia e gentilezza, molteplici spazi di condivisione tra persone su accadimenti spaventosamente inspiegabili e insondabili dell’esperienza umana.

È stato riconosciuto un contributo e la presentazione dello spettacolo nella rassegna “Il teatro che cresce” nel 2025.